Shinji e Il principe (non) felice

Anche tra Magi, si sa, di tanto in tanto possono nascere delle divergenze. Un giorno Melchior e Balthasar si lasciano hackerare da un Angelo come due fessi, quello dopo Casper decide di fare la primadonna e negare l’ultimo desiderio alla sua stessa figlia per amore di un soggetto a dir poco discutibile. I soliti battibecchi di tutti i giorni, insomma.
Su una cosa, però, almeno noi concordiamo all’unanimità: il ritardo dell’uscita di Q è stato a dir poco imperdonabile, eppure bisogna riconoscere che tutto questo dolore, alla fine, ci è stato utile.
Non solo l’attesa ci ha temprato e preparato psicologicamente ai minimo-un-anno, more-like-due, se-non-tre che ci separano dall’uscita di Final, ma ci ha dato tutto il tempo di sviluppare una prassi investigativa degna dell’equipe di CSI — meno tutti quegli occhiali da sole, visto che non usciamo di casa. Non avremo archivi di impronte digitali, lampade a infrarossi e software inverosimili, ma tutto si può dire di noi evafags tranne che negli ultimi… quanti, quasi quattro anni? ce ne siamo stati con le mani in mano. E no, non mi riferisco all’ingresso del plug suit trasparente di Asuka nei porno.
Ora sappiamo che ogni dettaglio va attentamente analizzato, che ogni rigo di dialogo va eviscerato a fondo e che tutte le scritte devono essere lette, per minuscole e insignificanti che siano. Abbiamo imparato a far caso alle più piccole cose, a prendere pagine su pagine di appunti, a fare schemi intricatissimi e incomprensibili per chiunque sia in possesso di una sanità mentale. E a shottare, shottare, shottare. Anche fotogramma per fotogramma, se necessario.
E così, ora che 3.33 è finalmente arrivato, l’OCD scorre potente in noi, e non appena siamo riusciti a mettere le nostre bramose manine su una versione ad alta definizione il nostro approccio metodico è stato più o meno: “nel dubbio, SHOT ALL THE THINGS!” Va detto che tra teschi di ignota provenienza, teste mozzate, corpi in decomposizione e il resto del campionario da piccola bottega degli orrori immagazzinato nel Geofront, avremmo anche potuto farlo ad occhi chiusi e saremmo stati comunque sicuri di intercettare qualcosa di mindfucking.
C’è un reperto in particolare, però, del cui ritrovamento vado particolarmente fiera. Non appena ho visto Shinji introdursi nella biblioteca della Nerv – a proposito, ma voi lo sapevate, che nel quartier generale c’era una biblioteca? – l’istinto mi ha suggerito di tenere le dita pronte sulla tastiera e aguzzare la vista. E infatti, come al solito, la paranoia è stata premiata, perché ho subito individuato e immortalato una vecchia (e un po’ inquietante) conoscenza.

Shinji Ikari: Il principe (non) felice

Forse ricorderete questo delirante quanto bellissimo articolo di Caska, in cui abbiamo affrontato la questione dei riferimenti alle fiabe nell’universo del Rebuild, e in particolare in You can (not) redo.
Per fare un veloce riepilogo, al momento il nostro catalogo fiabesco comprende:

  • un malvagio Re dei Lilin che spadroneggia su una terra in tumulto
  • un’invincibile Principessa guerriera, forgiata dal fuoco di mille battaglie…
  • …che, a quanto pare, dovrà presto conformarsi ai ruoli tradizionali ed essere salvata (da Shinji, si presume.  Auguri.)
  • una terribile Maledizione che condanna i piloti di Evangelion a vivere nel perpetuo splendore dei loro quattordici anni

Il genere umano invoca il soccorso di un eroe, un cavaliere dalla scintillante armatura in sella a un baldo destriero o, meglio ancora, un principe. Sventura vuole che il soggetto designato a ricoprire questo ruolo cruciale sia Shinji. Anzi: in quanto unico figlio ed erede del Re dei Lilin, si può dire che il titolo già gli appartenga, almeno in via ufficiosa.

A ben vedere, un indizio circa l’eventuale palesarsi di un principe arriva già in 2.22, ovviamente senza farsi notare (almeno dalle persone normali), sotto le mentite spoglie di in un oggetto assolutamente insignificante – specialmente se pensate che non verrà  fatta esplicita menzione di re, principesse o altri titoli nobiliari di sorta fino al terzo film. Mi riferisco, ovviamente, al libro che vediamo sul comodino di Rei: Il principe felice e altri racconti di Oscar Wilde.

[2.0] Rei sta leggendo "The Happy Prince and other tales" di Oscar Wilde.

[2.0] Rei sta leggendo “The Happy Prince and other tales” di Oscar Wilde.

Un'immagine più chiara del libro, tratta dal Groundwork di 2.0.

Un’immagine più chiara del libro, tratta dal Groundwork di 2.0.

E ora torniamo alla biblioteca fortuitamente apparsa nel quartier generale della Nerv. Vi avevo detto di essermi imbattuta in una vecchia conoscenza, e infatti quale volete che sia il primo libro che Shinji recupera dalle macerie?

[3.33] Shinji recupera un libro a caso dalla biblioteca della Nerv

[3.33] Shinji recupera un libro a caso dalla biblioteca della Nerv


Toh, è proprio Il principe felice! Ma tu guarda che coincidenza! NOT.
Basta una lettura per rendersi conto che il protagonista del racconto di Wilde e il nostro Shinji hanno in comune molto più dei loro nobili natali.
Caska, nel suo post, aveva già centrato un punto fondamentale: “affatto felice.” Sottoscrivo, e aggiungo che non solo il principe non è felice, ma è già morto.
Di lui non resta altro che l’effige — una statua ricoperta di foglie d’oro zecchino e ornata di pietre preziose che, erta in cima a una colonna, sovrasta la città — e quello che, in Evangelion, si chiamerebbe tamashii: il suo animo, racchiuso in un freddo cuore di piombo sigillato all’interno della statua.
Ma lasciamo che sia il principe stesso a presentarsi e parlarci un po’ di sé.

Quando ero vivo e avevo un cuore umano […] non sapevo che cosa fossero le lacrime, perché vivevo nel Palazzo di Sans-Souci, dove il dolore non ha accesso. […] Il giardino era circondato da un muro altissimo, ma io non ho mai domandato che cosa c’era dall’altra parte, tanto era bello tutto quello che avevo intorno. […] E ora che sono morto mi hanno messo quassù, così alto che posso vedere tutte le brutture e la miseria della mia città, e benché abbia il cuore fatto di piombo, non posso fare a meno di piangere.

Non si può proprio dire che il nostro principe, da vivo, fosse un grande esempio di filantropia, anche se lui gioca la carta del finto tonto: “non è che abbia ignorato la miseria del mio popolo perché volevo farlo, non è colpa mia se il muro attorno al mio palazzo era così alto…!“. E così, barricato oltre quelle mura, ha condotto una vita all’insegna della passività e dell’egoismo (in Il gigante egoista, un altro noto racconto di Wilde, il protagonista erge un muro altissimo attorno al suo splendido giardino affinché nessuno oltre a lui possa goderne), rifuggendo le proprie responsabilità di regnante e disinteressandosi del mondo esterno.

In che modo la situazione di Shinji ricalca quella del principe?
Per cominciare, ci sono i quattordici anni di oblio che il ragazzo trascorre disciolto all’interno dell’Eva-01. Per la durata di questo lasso di tempo, mentre i superstiti del Third Impact lottano faticosamente per rimettere in piedi il mondo, Shinji — che l’Impact l’ha provocato — si trova in uno stato di incoscienza, intrappolato in un non-luogo sospeso nel tempo. Quando viene recuperato dalla Wille, l’ultima cosa che ricorda è di aver salvato Rei dalle zampacce di Zeruel, e anche quando gli vengono fornite delle spiegazioni (tutt’altro che amichevoli e comprensibili, ma pur sempre delle spiegazioni) tutto ciò che sa fare è asserragliarsi ostinatamente dietro al presunto e preteso eroismo dei questo gesto, rifiutandosi di affrontarne le conseguenze.
Ora, la sequenza finale di 2.22 è stata accolta con entusiasmo da buona parte del fandom — finalmente Shinji ha tirato fuori le palle! Era ora che la piantasse di piangersi addosso e facesse qualcosa per gli altri! — ma noi, per quanto la scena sia indubbiamente epica e coinvolgente, ci riserviamo il beneficio del dubbio circa l’eroismo di Shinji.
Il campanello d’allarme scatta con la dichiarazione di Shinji: “Non mi importa di quel che sarà di me. Non mi importa di quel che accadrà al mondo. Ma Ayanami… almeno Ayanami… la salverò di certo!”
Benissimo, il nostro cavaliere dimostra di essere pronto a morire per la causa, e in questo è encomiabile. Peccato che non gli interessi se, nel farlo, rischia di distruggere il mondo che invece dovrebbe proteggere. Shinji fa benissimo a lanciarsi in aiuto Rei  (e ci mancherebbe altro!), ma si tratta di un gesto di affetto e autentico altruismo o di una presa di posizione su cui si è impuntato? Il commento di Misato (che nella prima parte del Rebuild se la cava più che bene come tutrice, ma qui è fuori dalla grazia di tutti gli dei vecchi e nuovi) dice tutto: “Sì, va’ avanti, Shinji! Non per qualcuno in particolare! Fallo per esaudire il tuo stesso desiderio!”
Ma sì, Shinji, togliti questo sfizio! Mal che vada ci scappa un’apocalisse tra amici!

Non c’è che dire, Mari ci aveva visto giusto: alla fine, Shinji volta le spalle alla Wille (anche perché, va detto, nessuno si sforza particolarmente di rendere il suo risveglio anche solo vagamente meno traumatico) e, proprio come un bravo cagnolino, torna con la coda fra le gambe alla Nerv, da Rei e dal padre che aveva rinnegato. Qui, al riparo oltre le mura del Geofront, Shinji rimane, aggrappandosi alle poche cose che, in questo mondo ostile, ancora conosce – o crede di conoscere. Senza quasi porsi domande. Senza cercare di comprendere cosa sia accaduto in sua assenza o che ne sia stato della città che un tempo ha difeso. Finché, per caso, non gli capita tra le mani la camicia sgualcita di Toji.  Solo allora si decide ad aprire gli occhi e si rivolge a Kaworu per ottenere delle risposte.
Nel momento in cui Shinji esce finalmente dal Geofront/palazzo – che ora svetta alto su una terra devastata, sorretto da un condotto/colonna – la sua condizione coincide perfettamente con quella del protagonista all’inizio della fiaba: finalmente, il principe si ritrova faccia a faccia con le conseguenze dei propri peccati.

[3.33] Shinji, dall'alto, osserva gli orrori prodotti dal Third Impact

[3.33] Shinji, dall’alto del Geofront , osserva gli orrori del Third Impact

“C’è sempre speranza”, come dice Kaworu, e non c’è colpa che non possa essere espiata.
Il principe felice lo fa per intercessione di una piccola rondine, che lo spoglia di oro e gemme preziose e li consegna ai bisognosi.
Anche Shinji cerca l’espiazione, ma nel suo caso, ça va sans dire, le cose si rivelano un tantino più complicate.
Di fatto, proponendogli di “riparare” il mondo e riportarlo a prima del Third Impact usando le Lance di Longinus e Cassius, Kaworu offre a Shinji una scappatoia. Ammetterete che cancellare le proprie azioni è molto più semplice che affrontarne le conseguenze e cercare di porvi rimedio — oltre che infattibile in quel luogo freddo e buio chiamato  “mondo reale” verso il quale Hideaki Anno, per qualche imperscrutabile motivo, cerca da sempre di spingerci.
L’espiazione, poi, è imprescindibile un qualche tipo di sacrificio. Il principe felice offre i suoi occhi di zaffiro e si ritrova cieco, infine si spoglia delle foglie d’oro che lo rivestono, restando nudo. Qual è il prezzo che Shinji avrebbe pagato, se il trucchetto delle Lance avesse effettivamente funzionato? Beh, nessuno: suo padre è una causa persa, la Rei che conosceva non esiste più (e inoltre c’è quella spiacevole faccenda della clonazione di sua madre), la signorina Misato e Asuka lo trattano con freddezza se non addirittura con disprezzo, i suoi amici sono scomparsi, la sua città è in rovina.
Come se non bastasse, in questo mondo non c’è posto per Shinji. Non è più necessario che piloti l’Eva, anzi, sarebbe meglio per tutti se non facesse assolutamente nulla.
Il mondo di Q è il worst scenario di Shinji: un mondo in cui nessuno lo vuole e nessuno si prende cura di lui, un mondo in cui tutti lo odiano, un mondo in cui Shinji non esiste. La realtà è che Shinji non ha niente da perdere. Tranne Kaworu.
Kaworu è la rondine, è colui che si sobbarca il peso reale — le pesanti gemme, il DSS choker saturo del risentimento dei Lilin — delle colpe del principe.
Alla fine della storia, la rondine muore di freddo , e il cuore di piombo del principe si spezza a metà.

Note e altre amenità

  • Resta da capire se le analogie si esauriscano qui o se, piuttosto, il riferimento al racconto di Wilde non debba intendersi come un presagio. Il destino del principe Shinji è forse segnato? Che il prezzo per salvare la principessa Asuka (e magari anche il mondo, questa volta) sia la sua stessa vita? Noi speriamo che tutto si risolva in “e vissero per sempre felici e contenti”, ma un finale culminante nell’estremo sacrificio di Shinji, tutto sommato, non ci sembra poi così improbabile.
  • Non è un caso se ho parlato di baldi destrieri e scintillanti armature. Nel gioco preferito di Gendo e Fuyutsuki, lo shogi (di cui presto parleremo in un post dedicato, per il momento fidatevi della mia parola), Shinji viene associato alla pedina del cavallo. O, se vogliamo attenerci alla traduzione letterale, del cavaliere. Un altro riferimento al suo ruolo di principe?
  • Attenzione, però, perché Shinji ha un possibile rivale nel gioco del trono! In 2.22, quando Gendo visita la base lunare che si sta occupando della costruzione del Mark.06, Kaworu gli rivolge il più conturbante dei sorrisi e lo saluta con una delle battute più mindfucking della storia di Evangelion (il che è tutto dire): “Piacere di conoscerla, padre mio”. Cosa intende dire? GOD KNOWS. Però, in 3.33, è sempre Kaworu ad apostrofare Gendo come “il Re dei Lilin”. Ora, non ci è dato sapere in quale diavolo di senso Gendo dovrebbe essere il “padre” di Kaworu, ma permettetemi di azzardare un sillogismo: Kaworu è il figlio (?) di Gendo. Gendo è il Re dei Lilin. Kaworu è il figlio del Re dei Lilin. E cos’è mai un figlio di re, se non un principe…?
    Qualche punto in comune con Il principe felice, sebbene meno marcato, si può rintracciare: anche Kaworu osserva il mondo da una posizione privilegiata (addirittura dalla luna!), la Lancia scagliata dall’alto per interrompere il Third Impact potrebbe ricordare i gioielli che la rondine trasporta in volo fino a terra, e poi, beh, sappiamo che fine fa Kaworu, no?
  • Sebbene in questo post il povero Shinji sia stato maltrattato senza ritegno – e, come se non bastasse, si è anche visto scavato la fossa – ci tengo a precisare che è stato fatto tutto for the sake of discussion, e che l’articolo non illustra che una frazione del mio pensiero sul personaggio. Grazie al cielo, i personaggi di Evangelion sono abbastanza complessi da poter essere osservati da molteplici angolazioni — altrimenti, ehi, non saremmo ancora qui a parlarne!
    Insomma, che non si sparga la voce che su Dummy System odiamo Shinji, perché gli vogliamo così bene che nel privato lo chiamiamo Shinjipù non è affatto così!
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Categorie Rebuild of Evangelion, RoE: Analisi

26 commenti

  • Ammazza che post 😀
    Ma esiste un altro anime così mindfucking?

    PS: mi sa che ti si è bloccato lo stile italico D-: tanto che dopo avere letto tutto sto cominciando a tenere la testa obliqua…

    • Oddio, grazie della segnalazione XD Ogni tanto wordpress fa le bizze. Ora dovrebbe essere tutto a posto! 😀

    • La base di tutta la narrativa alla fine è la Fiaba, ci sono molti spunti interessanti nel testo di Vladimir Prop, “Morfologia della fiaba”
      se ti interessa approfondire (Maledetto esame di Antropologia Culturale).
      http://it.wikipedia.org/wiki/Morfologia_della_fiaba
      Una cosa curiosa a mio avviso è che in EVA la tradizione di base NON è nipponica, bensì occidentalissima: la Tradizione nipponica/Shintou prevede che l’eroe abbia sempre dietro di se una struttura sociale solida e che l’eroe, supportato dalla sua struttura sociale, sia in grado temporaneamente di raggiungere vette sovraumane. In EVA tutte queste strutture o sono false o non ci sono proprio, portando EVA ad essere più vicino alla tradizione Occidentale di quanto si pensi. Per contrasto Gurren Lagann è nipponico fino al midollo.

      • Ahah, Propp è anche una mia vecchia conoscenza dovuta a un esame di antropologia!
        In compenso non sapevo questa cosa sulla figura dell’eroe della tradizione nipponica, ed è molto interessante! Ha perfettamente senso, dal momento che nella cultura giapponese il valore di un individuo viene quantificato in base al contributo che apporta alla società. Il messaggio di Eva invece è fortemente individualista. Alla fine Shinji e Asuka, la cui identità è profondamente imperniata sul loro ruolo di piloti di Evangelion (quando scopre di non poter più pilotare Asuka si lascia morire, il che è tutto dire. Quanti giapponesi commettono il suicidio perchè disoccupati o dopo aver perso il lavoro?) alla fine scelgono di abbracciare la vita perché realizzano di avere un valore proprio, semplicemente in quanto esseri umani. In questo, Eva è molto più vicino alla cultura occidentale che non a quella giapponese.

        • Altra cosa “divertente” è che l’eroe occidentale di EVA è giapponese, mentre l’eroe dal nome occidentale di Gurren Lagann è giapponesissimo

      • “Una cosa curiosa a mio avviso è che in EVA la tradizione di base NON è nipponica, bensì occidentalissima.”

        Sicuramente altri anime come Sailormoon o Dragonball sono più vicini al canovaccio da te descritto.
        Per non parlare di Berserk in cui Grifis diventa un demone sacrificando i suoi soldati, compagni amici.
        Ma questo è vero solo in parte, credo.

        “La Tradizione nipponica/Shintou prevede che l’eroe abbia sempre dietro di se una struttura sociale solida e che l’eroe, supportato dalla sua struttura sociale, sia in grado temporaneamente di raggiungere vette sovraumane.”

        Da questo punto di vista You are not alone è molto tradizionale.
        Shinji riesce a vincere solo grazie all’aiuto di Rei, Misato, della Nerv e della corrente elettrica di tutto il giappone.
        E questo sembra si adatti anche alla prima parte della serie tv.
        Poi le cose cambiano.

        • Garrick on 12 Giugno 2013 at 1:55 am said:

          Reply

          Io tendo a considerare i tre(quattro) film come un canovaccio unico, quando si parla di decostruzione/sovvertimento del topos è una tattica comune introdurre tutto usando una forma tradizionale per poi rivoltarlo subito prima di un climax. Difatti tutte le strutture che stanno dietro a Shinji&co si riveleranno false e vuote in seguito agli eventi del 3.0 (di cui gia si vedevano le avvisaglie nel 2.0, quando Shinji si rivoltà contro la sua struttura, la NERV e Gendou, dopo averlo tramortito via LCL-pressure non cerca nemmeno di ristabilire la struttura, anzi, lo fa arrestare, mettendolo fuori dalla struttura. Shinji d’altro canto alla sua società non vuole tornare (anche il Ronin cerca nella morte la riconciliazione, Shinji no)

      • Posso fare una domandina-ina-ina? Siete sicuri che Kaworu quando ha detto “padre mio” si riferisse proprio a Gendo e non a Fuyutsuki o qualcun altro, magari che ne so, al cameraman che lo stava inquadrando? XD

  • Darayava on 11 Giugno 2013 at 8:16 pm said:

    Reply

    Ciao a tutti sono nuovo. Complimenti per il post Lift, e approfitto per lodare anche gli altri magi e il blog in generale, veramente fatto molto bene e con parecchi argomenti interessanti.
    Spero di non allontanarmi troppo dall’argomento principale se aggiungo il mio parere riguardo al finale di 2.0, da te citato poco sopra. Ammetto che la motivazione che spinge Shinji a salvare Rei e’ quantomeno dubbia, e tu porti argomenti molto solidi e convincenti per supportare la tua tesi. Pero’ mi piace pensare che il suo fosse un gesto di puro altruismo.
    Forse e’ il mio essere ingenuo e romanticone che mi fa vedere le cose in questo modo; pero’ ho visto un ragazzo che, segnato profondamente da quanto avvenuto con Asuka (la battaglia con lo 03), gia’ psicologicamente fragile di suo, madre morta, padre…va be’, il mondo che sta crollando davanti ai suoi occhi, insomma l’unica cosa che lui crede di poter fare di utile per qualcuno in quel momento e’ salvare Rei. Salvarla perche’ in un mondo in rovina e’ l’unica cosa che lui ha imparato ad amare (lo so, lo so. E’ un clone di sua madre, ma lui ancora non conosce la sua vera natura). Inoltre quando Shinji riesce a d estrarla dall’angelo lei gli dice ( vado a memoria): “Mi dispiace di non essere riuscita a farti avvicinare a tuo padre” (o qualcosa del genere), e lui risponde semplicemente “Non ha importanza”. Come a dire “L’importante e’ che TU sia qui”. In quel momento a Shinji importa solo di Rei e di nessun altro, lui compreso. A rendere ancora piu’ incisiva la sua scelta bisogna anche considerare che Rei (a quanto pare) si dissolve nello 01, per cui era proprio un gesto disperato e senza secondi fini. (Va be’ forse quest’ultima teoria e’ un po’ debole e stiracchiata, non penso potesse immaginare gli effetti delle sue azioni pilotando un Eva in god-mode durante il Third Impact :))
    Scusate il commento un po’ lungo. Se avete tempo e voglia mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Rinnovo i complimenti. Ciao e grazie.

    • CaskaLangley on 12 Giugno 2013 at 11:03 am said:

      Reply

      Io capisco quello che dici e indicativamente sono d’accordo, nel senso che chiaramente Shinji fa quello che fa spinto dal desiderio di salvare Rei perché è l’unica cosa che gli è rimasta da poter fare. Tuttavia credo che il punto fosse proprio, a livello di regia ma anche meta-testuale, quello di fare un controcampo tra aspettativa e realtà: il pubblico voleva uno Shinji deciso che facesse quello che gli pare dal primo episodio della serie, gliel’hanno dato, e questa azione è stata punita. Ad essere sbagliato non è il gesto che Shinji compie, ma lo spirito con cui lo fa, ossia un’ostinazione cieca e sconsiderata, che si riassume nelle parole “non mi importa cosa sarà del mondo”. Il senso di Evangelion non è mai stato quello che dice Misato, “fallo per appagare un tuo desiderio”, anzi: questo è quello che ha sempre fatto Gendo, e che è sempre stato visto negativamente (e che in diversa misura ha sempre fatto Misato stessa). La stessa cosa vale epr il “Non m’importa di me stesso”: grazie mille, quando mai a Shinji è importato di se stesso? Qualcuno che non dà valore alla propria vita, non dà valore neanche alla sua perdita. Se Shinji se la fosse davvero messa via con suo padre, come dice a Rei (che sarebbe pure ora) non tornerebbe ad obbedirgli con la coda tra le gambe. Devo dedurne che quel gesto, per quanto bello, fosse fine a se stesso, e che “crescere” secondo gli autori significi qualcosa di più dell’impuntarsi ciecamente su una singola volontà di una singola persona. Io credo che Shinji sarà cresciuto solo nel giorno in cui darà finalmente un valore alla sua vita e nonostante questo sarà pronto a perderla per qualcosa di più importante. Credo sia un’idea che si sposi bene, con punto raggiunto da Eva. Ma chissà 🙂 il punto credo sia, sostanzialmente, che qualunque decisione, presa per qualunque motivo, ha le sue conseguenze che devi accettare. Shinji è incapace di accettare le conseguenze del suo gesto, invece di affrontarle cerca di riportare tutto indietro, e questo è sbagliato a prescindere. E’ così anche nella vita: quante decisioni prendiamo in buona fede, eppure quelle decisioni fanno del male agli altri o si rivelano dannose? Se una cosa fosse giusta in modo assoluto solo perché la facciamo perché spinti da buone intenzioni, vivere sarebbe una passeggiata XD

      • KristianKensei on 12 Giugno 2013 at 11:20 am said:

        Reply

        Secondo me rispetto all’ideologia degli autori non si arriverà mai al sacrificio di shinji per qualcunoqualcosa. Per quello abbiamo già Kaworu, Cristo del nuovo vangelo! Secondo me sarebbe un tradire tutto ciò che c’è dietro evangelion il far morire shinji, e non solo perché dopo 26 episodi e 5 film un po’ di vera felicità per ‘sto povero disgraziato diamogliela (tanto che io pensavo che un bel titolo per il quarto film sarebbe You can (not) be happy), ma soprattutto perché il vero maturamento di shinji è sempre stato quello dell’accettare se stessi e la realtà così com’è, senza chiudersi in se stessi per la paura del dilemma del porcospino. E questa fuga della realtà c’è anche dal voler salvare rei in maniera sconsiderata senza pensare a tutto ciò che potrebbe accadere, stessa cosa nel sogno di poter risanare i propri errori, secondo me la vera evoluzione sarà quando accettando se stesso, accettando la realtà com’è e quello che ha fatto, lotterà per questa realtà, per cambiarla, per salvarla (e in particolare asuka e i lilin rimasti i vita di cui si parla nel finale di Q).

        • CaskaLangley on 12 Giugno 2013 at 11:36 am said:

          Reply

          Certo, il “sacrificio” non è da intendere soltanto come morte, eh 😉 (anche se Lift e io gli scaviamo la fossa lo stesso, che non si sa mai)

    • Sono arrivata tardi, Caska ha già detto praticamente tutto, ma ci tenevo a ringraziarti sia per i complimenti che per il commento ciccione, ci fa sempre molto piacere ricevere entrambe le cose 😀

  • mancio01 on 12 Giugno 2013 at 1:20 am said:

    Reply

    Ormai è inutile dirvi che l’articolo è una cannonata XD

    Cmq grazie, dopo quest’articolo passerò almeno i prossimi 2/3 giorni a mindfucckarmi su quello che potrà succedere in Final :DDD

  • KristianKensei on 12 Giugno 2013 at 10:40 am said:

    Reply

    Pienamente d’accordo, però la cosa di cui vi ringrazio più sentitamente è che con l’occasione di parlare del principe felice sono andato a leggermi il racconto prima di leggere l’articolo e mi ha sorpreso la bellezza stessa del racconto, quindi grazie per avermi fatto conoscere questa perla!

    • Non c’è di che! E’ un racconto molto triste ma anche molto bello. Da piccola lo avevo sotto forma di fiaba sonora, e ricordo che non volevo mai ascoltarla perché mi faceva venire da piangere XD

  • Darayava on 12 Giugno 2013 at 6:54 pm said:

    Reply

    Grazie delle risposte. Caska come sempre molto esauriente! Devo sottolineare che non ho ancora visto Q, quindi non sapevo l’evoluzione della vicenda nei dettagli, mi basavo piu’ che altro sui film precedenti per il mio ragionamento.
    Domanda: il Groundwork del Rebuild si trova in rete free? Se si’ dove posso trovarlo?
    Grazie ancora

  • Barnaba on 29 Giugno 2013 at 4:30 pm said:

    Reply

    Ottima analisi, e sono sostanzialmente d’accordo su tutto quanto. Tuttavia, a me piace pensare al finale di 2.22 e a Q come rivisitazione al contrario del Peccato Originale, la “fiaba” primordiale. Provo a spiegarmi:

    – Nella Genesi i primi due esseri umani sono puniti per aver consumato il frutto della conoscenza. In Q Shinji – che esendo umano è già portatore del “frutto della conoscenza” è punito per essersi fuso con una creatura (Zeruel) portatore invece del “frutto della vita”.

    – Adamo ed Eva sono puniti all’inizio dei tempi. Shinji è punito alla fine dei tempi (Third Impact = fine del mondo, per quanto interrotto).

    – Adamo è punito dovendo guadagnarsi di che vivere con il duro lavoro, cioè agendo. Shinji è punito con la coatta inattività.

    – Eva mangia il frutto della conoscenza. Rei…viene mangiata dal frutto della vita. Beh, ok, questa no. XD

  • Questo parallelismi con la fiaba mi ha scatenato un ulteriore mindfuck. Si sa che Anno era in buoni rapporti (amyketto?) con l’Ikuhara di Shojo Kakumei Utena e di citazioni da Nadia e NGE in Utena ne sono parecchie (tra cui l’aspetto di Anthy e la sigla ‘zettai unmei mokushiroku’ cose banalissime ma c’è gente che su Utena e NGE ci ha perso il cervello tra cui io anni or sono, ero uscita dal tunnel).
    Ora Anno restituisce il favore buttando palesemente la narrazione, nei suoi mille livelli, anche su quello favolistico (ok, c’è sempre stato, ma ora dippiù!) che fa un po’ il verso alla Tale of the Rose… C’è pure il castello in aria… Rischio di cadere in un vortice mostruoso di parallelismi e incastri, grazie davvero per questa analisi che, BTW, mi è piaciuta molto. Vado a sbattere la testa al muro per un po’ XD

  • Innanzitutto, mi complimento per l’ottimo articolo e, in generale, per questo splendido sito che ho scoperto da poco e che si sta rivelando una fonte continua di riflessioni su Evangelion e sul Rebuild.
    Detto questo volevo proporre una mia riflessione, abbastanza sconnessa dal resto del post, partendo dalla sequenza finale del 2.22, ma divagando poi soprattutto sulla serie. Sono d’accordo che, come sostiene Lift, la scelta di Shinji non sia così altruista ed eroica come sembra a prima vista (e vedendo com’è messo il mondo in 3.0 la cosa appare piuttosto evidente), tuttavia credo che essa faccia parte del processo di maturazione di Shinji che secondo me, guardando anche la serie e semplificando molto (ma molto molto), si può dividere in tre fasi.
    Nella prima Shinji “nasconde” il suo io e nega i suoi desideri per “piegarsi” alla realtà e a quello che richiede(è la fase in cui Shinji esegue passivamente tutto quello che le altre persone gli chiedono). Nella seconda, spinto anche da Misato, che lo incita a fare quello che vuole lui come persona, non quello che vogliono gli altri (e da qua la frase pronunciata nel 2.22, che io trovo quindi coerente col resto), e da Yui (nella serie) che fa un po’ lo stesso con la domanda ricorrente “Che cosa desideri?”, riesce ad affermare il suo io e i suoi desideri, ma va troppo oltre: l’affermazione dei suoi desideri conta ora più della realtà esterna e di ogni altra cosa. È in questa fase che si trova Shinji alla fine del 2.22 o in End of Evangelion quando provoca il Third Impact. È anche la fase in cui si trovano i personaggi di Gendo e Ritsuko e verso cui, credo, gli autori provano una certa propensione (in Evangelion tutti i personaggi sono più interessati a esaudire i loro desideri piuttosto che a proteggere il mondo).
    Ma è un atteggiamento sbagliato, come si vede nell’EoE in cui Shinji si rende conto che non si può vivere fuori dalla realtà e per questo decide di tornare, raggiungendo la terza fase. In essa il protagonista riesce ad accettare la realtà esterna ed insieme il suo io (mentre prima l’accettazione di una escludeva l’altra); non rinuncia ai suoi desideri, ma decide di ricercarli nella realtà e non in uno spazio fasullo e illusorio. Questo è l’approdo finale di Shinji nell’EoE e io credo che lo sarà, sotto diversa forma e in diversi modi, anche nel film finale del Rebuld.

    Ovviamente questa è una divisione schematica che ignora molti passaggi; lo stesso personaggio di Shinji è molto più sfaccettato e dinamico, oscillando alternativamente tra varie fasi, avanzando e retrocedendo nel suo percorso di crescita senza mai giungere a un vero approdo, ma volevo comunque proporla qua (nonostante in realtà non c’entri nulla col principe felice a cui è dedicato il post).

    • Mi intrometto; complimenti per il commento Sarren, sono d’accordo che questo punto di vista, rappresenti, come tu stesso scrivi nelle ultime righe, una delle varie sfaccettature che tutte insieme compongono il personaggio di Shinji (sia in NGE che in RoE), nonché lo stesso Evangelion nel complesso.
      Più precisamente mi trovo d’accordo su quanto scrivi perché, ad esempio, queste tre fasi si notano anche in “Così parlò Zarathustra” di Nietzsche (il cammello (devi!), il leone (voglio!) e il bambino ) e ne “La storia infinita” di Ende, di cui cito un passaggio:

      “Bastiano aveva mostrato al leone la scritta sul rovescio dell’amuleto. «Che cosa può significare?» domandò. «FA’ CIO’ CHE VUOI, questo vuol dire che posso fare tutto quello che mi pare, non credi?»
      «No», esclamò Graogramàn, «vuol dire che devi fare quel che è la tua vera volontà. E nulla è più difficile.»
      […]
      Senza che Bastiano se ne rendesse conto, sorse in lui un nuovo desiderio e a poco a poco prese forma sempre più chiara.
      Bastiano voleva essere un individuo, un qualcuno, non soltanto uno come tutti gli altri. E proprio per questo voleva anche essere amato, perché era così com’era.
      In questa comunità degli Yskalnari c’era, sì, l’armonia, ma mancava l’amore.
      Egli non voleva essere il più grande, il più forte, il più intelligente. Tutte queste cose le aveva ormai lasciate dietro di sé. Aveva una grande nostalgia di essere amato così com’era, buono o cattivo, bello o brutto, stupido o intelligente, con tutti i suoi difetti.
      O addirittura proprio per questi.
      Ma lui com’era, in realtà?
      Non lo sapeva più. Aveva ricevuto tante di quelle cose in Fantàsia che ora, fra tutti quei doni e quei poteri, non riusciva a ritrovare se stesso.
      […]
      Atreiu condusse Bastiano per mano attraverso quel raccapricciante varco, fino alla fonte, che ora stava davanti a loro in tutta la sua grandezza e maestosità. Fùcur li seguiva. E mentre vi si dirigevano, a ogni passo una delle meravigliose doti fantàsiche che Bastiano aveva ricevuto in dono lo abbandonava. E il bellissimo, forte e coraggioso eroe tornò a diventare il piccolo, grassoccio e timido ragazzino. Persino i suoi vestiti, che nella miniera di Minroud si erano ridotti come stracci, scomparvero e si dissolsero nel nulla. Così, da ultimo, rimase tutto nudo davanti al gran cerchio d’oro al cui centro sgorgavano le Acque della Vita con un getto alto come un albero di cristallo.
      In quell’ultimo istante, in cui non possedeva più nessuno dei meravigliosi doni fantàsici, ma al tempo stesso non aveva ancora ritrovato il ricordo di sé e del proprio mondo, Bastiano visse uno stato di totale incertezza, durante il quale non sapeva più a quale mondo apparteneva, né se lui stesso esisteva realmente.
      Ma poi, di slancio, si gettò nelle acque cristalline, vi si rivoltò e sguazzò sbuffando, spruzzando intorno e catturando con la bocca aperta la pioggia di quelle gocce scintillanti. Bevve, bevve fino a che la sua sete si fu placata. E la gioia lo colmò tutto, dalla testa fino alla punta dei piedi, gioia di vivere e gioia di essere se stesso. Perché ora sapeva chi era e qual era il suo mondo. Era rinato. E la cosa più bella era che adesso voleva proprio essere così com’era. Se avesse potuto scegliere fra tutte le possibilità, non avrebbe scelto altro che questa. Perché adesso sapeva: c’erano nel mondo mille e mille forme di gioia, ma, in fondo, tutte si racchiudevano in una sola: quella di poter amare. E gioia e amore erano la stessa cosa.”

      Mi pare di scorgere un pattern che accomuna le opere tra loro, ma credo, senza voler ergere il mio parere/esperienza a verità rivelata, che questo paradigma si presenti anche nella vita reale. Scusate la citazione, ma forse ci sta, dato che è una “fiaba di formazione”.

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